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Il corpo umano ed i suoi diaframmi
Il corpo umano ed i suoi diaframmi
Il nostro organismo: sempre uguale e mai lo stesso
Il corpo umano è un organismo straordinariamente complesso, che può essere osservato da innumerevoli punti di vista, ognuno dei quali metterà in luce dettagli e aspetti sempre nuovi. Andare alla scoperta della nostra casa organica vuol dire intraprendere un lungo viaggio, che può anche durare una vita intera, forse senza neanche riuscire a vedere una possibile conclusione, ma si tratta di un processo talmente emozionante e sorprendente che questo non è che un dettaglio di poco conto.
Il potente richiamo che ogni essere umano sente nei confronti dell’osservazione e l’indagine di sé, potrebbe essere effetto di quel mistero profondo che sta alla base della vita stessa, e di cui non possiamo che coglierne un’impressione, una pennellata piena di meraviglia e di colori.
Il nostro corpo contiene in sé la più svariate forme e funzioni, nonché un’intelligenza intrinseca che è uno specchio esatto di tutto ciò che possiamo ammirare in Madre Natura: sia a livello microscopico, nel movimento subatomico, che macroscopico, nelle evoluzioni cosmiche dei pianeti e delle stelle. Tutta questa varietà è contenuta nei nostri corpi perfetti.
Architetture naturali
Una delle strutture più interessanti che possiamo osservare nel nostro corpo, in diversi siti, che è stata da sempre ispirazione per ingegneri e architetti nei secoli, è la cupola. Fin dai primi tentativi di ergere edifici o strutture permanenti, da parte degli esseri umani, la forma cupolare si è immediatamente presentata per le sue caratteristiche di stabilità e semplicità.
Dalle nuraghe sarde fino agli edifici sacri come la stupa o le cupole che sormontano le nostre numerosissime chiese, l’uomo ha replicato una parte di sé, in una versione esageratamente ingrandita, per rappresentare simbolicamente la sua presenza, la supremazia sull’ambiente, il proprio estro artistico e anche la propria origine divina, utilizzando questa forma del tutto particolare.
La costruzione a pianta circolare, in realtà, ha origini antichissime, a partire forse da una atavica consapevolezza della sfericità del nostro pianeta, probabilmente intuita dall’osservazione dell’ombra della Terra sulla Luna durante le eclissi.
Così si cominciò a danzare in cerchio, una forma simbolica e potente da sempre in ogni tipo di ritualità, e anche a costruire abitazioni con base circolare ed una copertura sferica che potrebbe ricordarci quasi un caldo ventre materno in cui ripararsi durante il sonno, proprio quel momento in cui gli animali si sentono più vulnerabili.
Nella cupola è presente anche la spirale, la traiettoria su cui gli eschimesi poggiano i blocchi di ghiaccio per costruire un igloo, altro rifugio noto a tutti, che ha la forma di una cupola. La spirale è la forma della vita per eccellenza, potremmo quasi annoverarla tra le funzioni del vivente, per la sua onnipresenza un po’ ovunque ci sia vita organica, nelle strutture quanto nei movimenti.
Nel nostro paese la cupola ha visto la sua apoteosi nel rinascimento, quando gli architetti dell’epoca si sono sfidati per costruire l’opera più imponente, maestosa, sorprendente e ricca. In effetti il nostro paesaggio visto dall’alto è costellato dalla presenza di queste forme gonfie e leggere che si issano verso il cielo svettando attraverso le case.
Cupole interiori
Molte cupole presenti nel nostro corpo sono quelle costituite dai diaframmi.
Parola da declinare al plurale, dal momento che ne possediamo diversi in varie zone del corpo, sebbene nell’immaginario comune sia noto quasi esclusivamente quello respiratorio.
La cupola è uno spazio sferico e vuoto in grado di sostenere notevole peso ma anche di offrire possibilità di movimento e grande resilienza, dal momento che le nostre cupole interiori sono composte da tessuto organico e non di mattoni. Come molte altre forme disegnate dalla natura, contiene diverse qualità anche contrastanti, come per esempio stabilità e dinamica.
Soltanto lungo l’asse verticale centrale del nostro corpo esistono, oltre quello respiratorio, altri due principali diaframmi a forma di cupola: il pavimento pelvico nel bacino e, in alto, il diaframma cranico.
Il diaframma pelvico è una struttura composta da muscoli, tendini e connettivo, che possiamo immaginare come un’amaca sospesa all’interno dello stretto inferiore del bacino, con bordi che toccano sinfisi pubica, coccige e tuberosità ischiatiche, e tessuti che si intrecciano per sostenere le viscere e gli organi, dal momento che dal punto di vista osseo, il bacino ha la forma di un catino senza fondo.
All’interno di questa struttura sono accolti anche gli orifizi escretori, l’apertura vaginale, l’uretra, ed è proprio attraverso la gestione di questa muscolatura che possiamo controllare quando rilasciare e quando trattenere feci e urine.
Il pavimento pelvico, inoltre, può essere considerato a tutti gli effetti la base della nostra colonna vertebrale, quindi sostenere un tono adeguato di questa struttura è indispensabile sia per il mantenimento di una buona qualità delle funzioni viscerali quali peristalsi intestinale o per il funzionamento degli organi della riproduzione, che per il benessere dell’apparato muscolo scheletrico.
Qualcuno sostiene che un buon allenamento di questa parte del corpo sia il segreto dell’eterna giovinezza.
Il diaframma pelvico ha la forma di una cupola rovesciata, ossia con la parte concava rivolta verso l’alto, proprio come uno specchio del più imponente diaframma respiratorio posto proprio sopra, sebbene quest’ultimo in realtà abbia una forma di doppia cupola, con un avvallamento nella regione del centro frenico, come abbiamo dettagliatamente descritto nell’articolo sulla respirazione.
Nella visione yogica il pavimento pelvico è sede del primo chakra, che porta il nome Muladhara, ossia radice. Si tratta di un punto energeticamente molto importante, in connessione con le funzioni primarie del cervello rettile, ossia quelle legate alla sopravvivenza, quindi riguarda anche l’energia sessuale, che nella nostra specie è particolarmente potente e significativa. Nel primo chakra trova riposo Shakti, ossia la potenza archetipica femminile, in forma di kundalini.
Kundalini viene tradizionalmente rappresentata sotto forma di Serpente arrotolato per tre volte e mezza attorno al Lingam, che è il segno di Shiva: il fallo sacro appoggiato su una sorta di piattino concavo, che ha una formache ricorda l’organo genitale femminile. Kundalini dorme arrotolata attorno alla punta del coccige, che ha una forma triangolare, anche questo simbolo dell’universo femminile.
Attraverso una stimolazione del pavimento pelvico, con la pratica degli asana o del pranayama, è possibile destare questa energia, permettendole di risalire verso l’alto, per incontrare l’energia archetipica mascolina, ossia Shiva, che discende dall’alto. Nell’iconografia induista Shiva e Shakti (Madre Terra e Padre Celeste) vengono rappresentati sempre in un eterno amplesso d’amore, persi l’uno nello sguardo dell’altra, e dalla loro unione nasce l’universo.
Infine, è proprio in questa zona attorno al Muladhara che hanno origine le tre principali Nadi, ossia i canali energetici all’interno dei quali scorre il Prana, l’energia vitale, per portare nutrimento all’essere, sia nella sua espressione materica che in quella più sottile.
Il chakra della radice è connesso con la terra, con l’atto di incarnarsi, con la materia, quindi la sua vitalità può diventare decisiva nelle nostre vite che spesso ci trascinano altrove, circondati come siamo da ogni genere di dispositivo tecnologico che permette di stare con il corpo da una parte e con la mente da un’altra!
Grazie al radicamento ottenuto facendo girare la ruota di Muladhara possiamo sentirci, essere coscienti di esistere, stabili, incarnati. Totalmente presenti in questa grande avventura cui siamo stati chiamati a partecipare, chiamata vita terrena.
Il tetto del plesso solare, il pavimento del cuore
Anche se il diaframma respiratorio viene spesso messo in relazione al chakra del plesso solare, ossia Manipura, in realtà si trova nella regione del quarto chakra, Anahata, ossia lo spazio del cuore, e tutto il sistema cardiocircolatorio.
Il diaframma respiratorio infatti divide geograficamente la regione toracica da quella viscerale, esattamente come Anahata si trova al centro del sistema dei chakra, tra i tre inferiori, legati a Madre Terra, e i tre superiori connessi con il Padre Celeste : luoghi di passaggio e di trasmutazione tra materia e spirito.
Qui ci troviamo in una delle regioni più complesse del nostro corpo, considerando la presenza di questi due grandi sistemi di pompaggio del sangue, a cui si aggiunge il passaggio dell’esofago e di tutto il sistema arterioso e venoso che si apre spazi attraverso il diaframma, per non parlare del nervo vago, che dal cranio scende per innervare le viscere, formando il 75% del sistema nervoso autonomo parasimpatico.
Anche dal punto di vista delle energie sottili, questa è una zona nella quale moltissime tensioni, esperienze ed emozioni vengono depositate, giorno dopo giorno, così senza rendercene neanche conto il nostro diaframma può progressivamente perdere vitalità, motilità e mobilità, con tutto ciò che ne può conseguire sulla totalità dell’essere.
Lo yoga offre diversi validissimi strumenti per mantenere pulito ed efficiente questo sistema, a patto che la pratica sia costante e ardente, come eseguire gli asana con un uso corretto del respiro, ma soprattutto la pratica del pranayama: un’attività controllata e consapevole della respirazione con l’obiettivo di canalizzare e accumulare il prana, energizzando il corpo nella sua interezza e favorendo tutte le sue funzioni vitali.
La tenda cranica
In ambito osteopatico viene considerato diaframma anche il tentorio del cervelletto, una membrana meningea che separa i due emisferi cerebrali dal cervelletto. Non possiamo certo considerare questo diaframma proprio come una cupola, sebbene abbia comunque una sua convessità rivolta verso il basso. Somiglia più ad una sorta di tenda (da qui appunto il nome tentorio) posta orizzontalmente, sospesa all’interno del cranio, che viene mantenuta ben tesa pur muovendosi in sinergia con tutti i tessuti da cui è circondata.
Dal punto di vista yogico da qui si entra nella sfera spirituale ed eterica dell’essere. La zona in cui si trova questo diaframma è a metà strada tra Vishudda, ossia il quinto chakra, che si trova all’altezza della gola; e Ajna, ossia il terzo occhio. Vishudda è un chakra di passaggio verso gli strati più rarefatti della percezione, si trova appena sopra all’articolazione tra le clavicole e lo sterno, unico punto di unione tra gli arti superiori e il tronco.
È proprio qui che, girando la piccola chiave, ossia la clavicola (dal latino clavis, che significa appunto chiave), nella toppa del quinto chakra, possiamo aprire la porta che trasmuta le idee e i nostri progetti in azione, dalla mente alle braccia, comunicando così il nostro mondo all’esterno, incarnando con il fare ciò che prima era solo nel regno dell’astrazione mentale.
Il sesto chakra, Ajina, si trova in un perfetto allineamento con il terzo ventricolo del cervello, uno spazio sacro, una stanza segreta nella quale il liquido cerebrospinale viene prodotto ed energizzato in virtù di un movimento circolare, che ricorda quello di una dinamo, prima di fluire oltre al quarto ventricolo e poi giù fino alla fine del midollo spinale, bagnando e nutrendo tutto il sistema nervoso.
Nella maschera funeraria di Tuth-ank- Amon, ad esempio, è stato modellato un cobra che si innalza sulla testa, che potremmo interpretare come l’energia di Kundalini che risale fino alla pineale. Ma anche nell’iconografia induista Shiva viene sempre ritratto con un cobra arrotolato attorno al collo e una acconciatura che ricorda la forma di una pigna.
In questa regione del cranio, inoltre, si trova anche il chiasma ottico, ossia il senso della visione, di cui Ajna rappresenta la sua essenza più sottile e spirituale. Spesso il significato di terzo occhio viene inteso come la capacità di prevedere gli eventi, quando invece questa vista esoterica non solo è in grado di guardare lontano nel tempo, per quanto possa essere una dimensione estremamente instabile, ma anche di vedere la realtà, di osservare quello che c’è nella sua essenza più pura e divina, senza veli che ne oscurano l’abbacinante verità, nella consapevolezza luminosa della quiete.
Altre cupole altri luoghi
Questi tre diaframmi del tronco sono i più importanti ma non gli unici.
Ad esempio abbiamo una preziosissima cupola posta a sostegno di tutto intero peso del corpo: la cupola plantare. Nel piede, che quando non eravamo avvezzi all’uso delle calzature, costituiva un importante organo di senso, ricco di propriocettori e di nervi sensori, trova posto un importantissimo diaframma, che nello yoga può essere attivato e sigillato per poter migliorare stabilità e radicamento al suolo, facendo quello che in sanscrito viene chiamato Pada Bandha, ossia attivare volontariamente la muscolatura della pianta del piede per aggrapparsi al suolo e sollevare l’arco, migliorandone la stabilità e la connessione con il centro della Terra.
Le gambe sono connesse al Muladhara chakra, in effetti potremmo considerarle delle lunghe radici che si dipartono dal pavimento pelvico per affondare in profondità nella terra. Basta osservare il sistema nervoso per rendersi conto immediatamente di come sia evidente la somiglianza tra i nervi delle gambe e le radici di una pianta.
Nel piede inoltre esiste una cisterna di sangue venoso, che naturalmente viaggia verso le estremità, e rischierebbe di ristagnare se non fosse per un raffinato sistema di pompaggio, che ad ogni passo, durante la deambulazione, in virtù della pressione, svuota le vene della pianta del piede, spingendone il flusso verso l’alto, riportando il sangue venoso verso il cuore per l’ossigenazione.
Le mani e i piedi possono essere visti anche come portali importantissimi per il passaggio dell’energia e per la comunicazione con il mondo esterno, quindi la consapevolezza di questo diaframma in essi presente può anche aiutarci nel nostro personale modo di porci nei confronti degli altri e dell’ambiente, con la consapevolezza di comprendere quando chiudere e quando è possibile aprire il varco.
Materiali e coperture
Il nostro corpo è ricco di biodiversità, proprio per questo non esistono solo cupole composte da tessuto muscolare. La cupola cranica, ad esempio, è formata da tessuto osseo, ma la sua inequivocabile forma risalta all’occhio per perfezione e mirabile bilanciamento, ergendosi trionfalmente in cima al corpo, come qualsiasi cupola che si rispetti, simbolo riconoscibile e peculiare della nostra specie, che vanta il cervello più maestoso di tutti i tempi, tanto che l’evoluzione ha deciso di posizionarlo in bella mostra nel punto più alto della struttura. Appena sotto abbiamo anche la cupola formata dal palato, che replica in scala minore quella maggiore e sovrastante.
È interessante notare come i centri ideali di tutti i diaframmi e le cupole poste lungo lo scheletro assile, possano essere allineati uno sopra all’altro, con la colonna vertebrale che li connette ma non li percorre.
Una linea immaginaria, morbidamente si allunga attraversando il centro del cranio, del palato, del tentorio, del diaframma respiratorio, del pavimento pelvico, come il filo di una collana di conchiglie, mantenute in una fluttuazione perfettamente bilanciata e armoniosa, consentendoci un sostegno della struttura leggero, efficace e funzionale.
Questa comunicazione fluttuante avviene in modo sottile ad ogni respirazione, grazie alla capacità di trasmissione del connettivo: ad ogni piccolo movimento del diaframma respiratorio tutta la materia organica viene smossa, e la pulsazione arriva al pavimento pelvico, che si abbassa leggermente quando i polmoni sono pieni, e fino alla calotta cranica, nella quale sottilissimi movimenti possono essere percepiti da mani allenate all’ascolto.
Ma non è finita qui. Molte altre cupole sorgono e respirano, seminascoste e non sempre perfette: le orbite oculari, delle cupole vagamente coniche all’interno delle quali sono alloggiati i bulbi oculari. Oppure gli acetaboli (da acetabulum, ossia contenitore per l’aceto), delle cupole perfettamente sferiche che offrono alloggio alla testa del femore. Anche le ascelle possono essere considerate delle cupole, che offrono il loro spazio all’attività oscillatoria delle braccia.
Possiamo immaginare il nostro corpo, quindi , come un paesaggio rinascimentale costellato da queste forme sferiche di pallone, leggere, ariose, spazi pieni e vuoti in cui avvengono fatti importanti, scambi e dialoghi che hanno per oggetto movimento, sostegno e adattamento.
E tu? Quante altre cupole riesci a trovare nel tuo corpo?
Articolo a cura di LIA CURRIER